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1938 Le leggi antiebraiche dell’Italia fascista

di Sara Berger e Marcello Pezzetti

Lavoro obbligatorio

Nel 1941 e agli inizi dell’anno successivo le condizioni degli ebrei italiani peggiorarono ulteriormente. Si iniziò a sottolineare la presenza nel paese di giovani “privilegiati” – gli ebrei espulsi dall’esercito –, immagine che contrastava con quella di migliaia di loro coetanei che rischiavano la vita al fronte.

Nel maggio 1942 fu decretato che gli ebrei tra i 18 e 55 anni fossero sottoposti al lavoro obbligatorio. Disposta dal ministero dell’Interno, la precettazione fu affidata alla direzione dei prefetti, che ebbero la collaborazione dei federali, dei questori, dei medici provinciali e del personale dei comuni.

In alcuni casi, come in quello del comune di Tora e Piccilli (Caserta), dove vennero inviati alcuni ebrei napoletani, il lavoro forzato fu di lunga durata e coinvolse un numero consistente di persone.

La rivista antisemita La Difesa della Razza applaudì entusiasticamente questa umiliante misura persecutoria.

 

01 Livorno

01 Livorno

14 maggio 1942. Il prefetto della provincia di Livorno, Manlio Binna (1891-1969), ordina la precettazione civile a scopo lavorativo per gli “appartenenti alla razza ebraica”. Archivio Centrale dello Stato, Roma

02 Demorazza

02 Demorazza

17 agosto 1942. Nota per Mussolini dalla Direzione Generale per la Demografia e la Razza. Il sottosegretario del ministero dell’Interno, Guido Buffarini Guidi, segnala i primi dati sul lavoro obbligatorio provenienti da Roma, Milano e Firenze. Archivio Centrale dello...

03 Roma

03 Roma

Roma, 1942. Ebrei “precettati” per il lavoro obbligatorio lungo le rive del Tevere nei pressi di Castel Sant’Angelo. Susan Zuccotti, L’Olocausto in Italia, Milano, Tea Storica, 1987

04 Assegno (1)

04 Assegno (1)

2 dicembre 1942. L’ambulante Anselmo Pavoncello (1908-1945) riceve un assegno di 0,50 centesimi di lire per il lavoro forzato svolto lungo l’argine del Tevere. Quando vede l’umiliante importo, Pavoncello strappa e getta l’assegno, che verrà poi recuperato e custodito...

05 Difesa Roma

05 Difesa Roma

La Difesa della Razza, 20 giugno 1942. Il settimanale antisemita esalta il lavoro obbligatorio per gli ebrei con foto scattate lungo le rive del Tevere a Roma. Fondazione Museo della Shoah, Roma

06 Firenze

06 Firenze

Campi Bisenzio (Firenze), Casa Rossa, 1943. Ebrei fiorentini “precettati” al lavoro. Istituto storico della resistenza in Toscana, Firenze

07 Milano

07 Milano

Milano, quartiere di Niguarda, maggio-giugno 1943. Fra gli ebrei “precettati” al lavoro obbligatorio: Emilio Brüll (1908-1985), Salvatore Fiorentino (1902-1945, poi deportato e ucciso ad Auschwitz) e Renato Forti. Fondazione Centro di Documentazione Ebraica...

08 Gentili Tedeschi

08 Gentili Tedeschi

Ottobre 1942. L’architetto Eugenio Gentili-Tedeschi (1916-2005) incomincia a realizzare il suo “Libro segreto”. Due fra i suoi schizzi si riferiscono al lavoro obbligatorio degli ebrei a Torino. Anche nelle “Cronache di Milano” c’è un riferimento al lavoro coatto....

09 Torino

09 Torino

Torino, 1942-1943. Ebrei al lavoro obbligatorio in città. Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (Istoreto), Torino

10 intercettazione Torino

10 intercettazione Torino

Torino, 6 ottobre 1942. Colloquio dai toni sprezzanti intercettato tra un rappresentante della milizia forestale e uno del municipio della città sul lavoro obbligatorio degli ebrei. Archivio Centrale dello Stato, Roma

11 Alessandria

11 Alessandria

Lavori di sterro presso i bastioni di Alessandria. Da sinistra: Marco Torre, Peppino Vitale, Amleto Norzi, Enrico Sacerdote e Sansone Torre, ebrei sottoposti al lavoro obbligatorio. Archivio Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in...

12 Gorizia

12 Gorizia

Salcano (Solkan), oggi in Slovenia, 1942-1943. Ebrei goriziani costretti al lavoro obbligatorio presso la segheria Crocetti. Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano

13 Tora e PIccilli

13 Tora e PIccilli

Tora e Piccilli (Caserta). Ebrei napoletani “precettati” per un anno intero (settembre 1942 – settembre 1943) al lavoro agricolo nei campi. Una trentina di ebrei viene obbligata a svolgere questo lavoro dal Consiglio provinciale delle corporazioni di Napoli. Beit...

14 Lavoro Tripoli

14 Lavoro Tripoli

Tripoli (Libia), agosto 1942. In un telegramma al ministero dell’Africa italiana il governatore della Libia segnala che più di mille ebrei sono precettati per il lavoro, soprattutto presso enti militari. Archivio dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore...

 

Mario Tagliacozzo, agente di commercio ebreo romano, descrive gli effetti di nuove prescrizioni contro gli ebrei durante l’anno 1942.

In giugno  gli ebrei furono costretti al servizio del lavoro e si ebbe allora un nuovo censimento e l’obbligo di riempire un nuovo modulo (non so dire quanti mai ne riempimmo durante questi anni). Tememmo per qualche tempo che l’obbligo del lavoro fosse severamente rispettato per tutti, ma si trattò di uno dei soliti provvedimenti presi all’improvviso, forse per ordine tedesco, e che poi non venne rispettato. Fortunatamente furono assai pochi quelli chiamati al lavoro e, per lo più, disoccupati. Vennero impiegati in lavori di assestamento delle sponde del Tevere. Mi sembra che, passato il periodo estivo, la cosa venisse poi dimenticata e non se ne parlasse più.[1]

 

Diversa la prospettiva di alcuni sopravvissuti alla deportazione nei campi nazisti.

Sono stato obbligato ad andare a lavorare la tera, sotto Ponte S. Angelo. Circa un anno sono stato lì, eravamo una cinquantina di persone. Ricordo che spesso scappavo attraversavo il Tevere a nuoto e andavo dall’altra parte per andare a lavorare per conto mio, perché lì non guadambiavo [guadagnavo] niente. Noi dovevamo togliere la sabbia dalla riva del Tevere e buttarla nel fiume, ma poi quando era inverno, che il fiume risaliva, la sabbia ritornava un’altra volta. Era un lavoro inutile. (Giuseppe Di Porto, Roma)[2]

 

Era duro, perchè non eravamo abituati noi a zappà ’a tera. Ma se oggi o domani tu non ci andavi, te venivano i carabinieri a prelevare. (Mario Limentani, Roma) [3]

 

Me costrinsero a fare sotto fiume ventidue carelli de rena al giorno, io nun j’aa facevo e me sentivo male. C’è stato un giorno che nun ce so’ andato più, perché nun c’avevo nemmeno i sordi pe’ prende el tramve per andà giù a San Paolo. Una sera tardi viene un poliziotto, me manda giù in camera de sicurezza. La mattina appresso c’era il carozzone che ce porta a Regina Cœli. Lì ho fatto tredici giorni. A me nun m’hanno mai pagato per quel lavoro. (Donato Di Veroli, Roma)[4]

 

Mio fratello Donato, con altri ebrei che c’erano qui, andò a lavorare in una fornace in un paese vicino ad Asti. E io e l’altra sorella Laura andammo invece a lavorare in una caserma, ad attaccare i bottoni alle divise militari. (Enrica Jona, Asti)[5]

 

Molti di noi, nel 1942, hanno dovuto pulire le strade, andare a lavorare nelle fabbriche. (Goti Herskovits, Fiume)[6]

 

Il 16 maggio 1943, la comunità israelitica di Napoli si lamento con il presidente dell’UCII, Dante Almansi, della situazione degli ebrei precettati a Tora e Piccilli.

Nell’Ottobre scorso interessai l’Egregio Avv. Lelio Vittorio Vallobra [Valobra] della Delasem sulla sorte dei precettati civili di questa Comunità destinati ai lavoro agricoli in quel di Tora, ma poiché in seguito, per dichiarazione degli stessi e per il mio personale interessamento, i disagi erano sopportabili e si consentiva ai medesimi di usufruire di speciali permessi per tutelare almeno in parte i loro interessi e visitare di tanto in tanto le famiglie, non seguii il consiglio dell’Avv. Valobra di rivolgermi alla S.E. per i provvedimenti del caso.

Dall’Ottobre scorso ad oggi però le cose sono radicalmente cambiate ed io stimo quindi mio dovere informarne l’E.V. per i provvedimenti del caso. Anzitutto non per lavori agricoli, come a precettazione, sono adibiti i nostri giovani sebbene per gravosi lavoro stradali superiori alle loro forze ed alla loro capacità lavorativa e, mentre in tutte le altre città i centri di raccolta sono o nella città stesso o meno distanti da essa sicché i precettati possono seralmente restituirsi alle loro case dopo le 8 ore giornaliere di lavoro, i precettati di Napoli debbono rimanere a Tora, distante circa tre ore di treno, senza locali adatti per dormire, pagando del proprio lo scarso vitto che possono avere e non riscuotendo alcun compenso per l’opera loro non essendo esso naturalmente redditizia. Mi risulta anche che in altre città, dopo appena sei mesi di lavoro i precettati sono stati messi in libertà sicché il danno da essi sofferto è stato relativo in confronto a quello dei nostri giovani che, essendo commercianti, studenti, laureandi, impiegati privati ecc. è stato purtroppo assoluto.[7]

 

 

[1] Mario Tagliacozzo, Metà della vita. Ricordi della campagna razziale 1938-1944, Milano, Baldini & Castoldi, 1998, p. 60.

[2] Marcello Pezzetti, Il libro della Shoah italiana, Torino, Einaudi, 2009, p. 44.

[3] Marcello Pezzetti, ibidem, p. 44.

[4] Marcello Pezzetti, ibidem, p. 44.

[5] Marcello Pezzetti, ibidem, pp. 44-45.

[6] Marcello Pezzetti, ibidem, p. 44.

[7] UCEI, Centro bibliografico, Archivio storico, busta 85C-5, fasc. Precettazione civile (1942-1943).

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